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O la scuola o la vita

Page history last edited by Paolo 12 years, 2 months ago

Leggi questo intervento di Bottani al convegno  “O la scuola o la vita. Studenti, questi sconosciuti - Strategie per un incontro possibile”, organizzato dall’ADI nel febbraio 2012 e lascia un tuo commento (se sei d'accordo, qual è il tuo pensiero in merito, ecc.)

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Norberto Bottani, Alcuni flash sugli scenari educativi

E’ ovvio oggi affermare che siamo entrati in un mondo plasmato dalle nuove tecnologie e che gli sviluppi di queste tecnologie avanzano a velocità esponenziale. Si potrebbe dire che le nuove tecnologie vivono ormai di vita propria .

I bambini se ne impossessano con una facilità estrema, non hanno bisogno di insegnanti per farlo: prendono in mano gli apparecchi e se la cavano in un lampo: sanno utilizzare le varie applicazioni, capiscono le procedure, iniziano a trafficare con le reti, a esplorare il mondo di Internet, a giocare, a comunicare tra loro.

Non escludono gli adulti dal loro apprendimento, sono disposti a condividere il loro entusiasmo, a insegnare come fare, ma bisogna che gli adulti si rendano conto che è mutata la relazione di autorità e che dovranno adottare codici diversi di comunicazione con le nuove generazioni. Non è facile per gli adulti accettare che questo nuovo mondo li renda «nudi», spogliati della loro antica autorità. Eppure devono farlo se vogliono entrare in relazione con i giovani.

Gli alunni e gli studenti

La questione delicata non è tanto quello che avviene fuori dalla scuola, quanto quella dei comportamenti a scuola. Come reagiscono le giovani generazioni quando sono rinchiuse in un edificio scolastico e in un’aula ? Allievi e studenti hanno una visione assai chiara di come dovrebbe essere la scuola, è la scuola, invece, che continua a non capire e a non corrispondere a nessuna delle loro aspettative.

Prensky, un guru dell’informatica nelle scuole, ha osservato il numero crescente di giovani oggi immerso in maniera profonda e permanente nel mondo tecnologico, giovani collegati ai loro coetanei ed al mondo intero in una maniera che nessuna generazione precedente ha mai sperimentato. Ci sono tra i giovani più telefoni cellulari che libri : «Se perdo il mio cellulare, perdo metà del mio cervello»afferma uno studente.

Quello che questi studenti percepiscono è innanzitutto un’enorme differenza tra il loro modo di pensare e quello degli insegnantiPurtroppo, siamo incapaci di trasmettere ciò di cui hanno bisogno e nei modi che a loro convengono, anche perché non sappiamo più bene cosa si debba insegnare ai giovani. Le competenze di base o lo zoccolo comune di conoscenze sono tentativi embrionali, piuttosto grezzi, di rispondere a questa questione. Che cosa si aspettano dunque gli studenti dalla scuola? Presky risponde a questa domanda servendosi delle risposte raccolte in migliaia di interviste fatte a studenti di tutti i ceti sociali, di tutte le età, di tutte le nazionalità.

Le loro risposte sono singolarmente consistenti:

  • non tollerano più lezioni cattedratiche;
  • vogliono essere rispettati, vogliono che si abbia fiducia in loro;
  • vogliono che si tenga conto delle loro opinioni e che li si apprezzi;
  • vogliono coltivare le proprie passioni e i propri interessi;
  • vogliono creare, utilizzando gli strumenti del loro tempo;
  • vogliono lavorare con i loro coetanei, in gruppi di lavoro, per realizzare progetti;
  • vogliono prendere decisioni ed essere coinvolti nel controllo dell’esecuzione;
  • vogliono essere collegati con i loro coetanei per esprimere e condividere le loro opinioni, in classe e al di fuori della scuola;
  • vogliono cooperare e competere con altri;
  • vogliono che l’educazione sia anche legata alla realtà.

Prensky commenta:

«È possibile, logicamente, considerare questa lista sia come narcisistica sia come un insieme irrealistico di aspettative degli studenti. Ma se lo facessimo commetteremmo un grave errore […]. Oggi gli studenti vogliono imparare in modo diverso rispetto al passato. Auspicano modalità di apprendimento che abbiano un senso per loro».

La difficile gestione della presente fase di transizione. Che fare?

La prima cosa è avere piena consapevolezza che siamo immersi in una difficile fase di transizione, e che non si può stare ancora a lungo in mezzo al guado. Occorre scegliere cosa si vuole fare. Si vuole contribuire a tenere in piedi questo sistema, oppure si vuole operare per trasformarlo in profondità, perché si ritiene che non sia più emendabile e che i cambiamenti sociali, culturali, tecnologici siano tali da costringerci a cambiarlo? Difendere il tempio oppure esplorare nuovi orizzonti? Questo dilemma deve essere sciolto e va affrontato su vasta scala. Bisogna essere in molti.

La scuola in Italia non è mai assurta a rilevante questione nazionale. In fondo, non è mai stato acquisito il fatto che il capitale umano, di cui l’istruzione è parte fondamentale, sia un fattore imprescindibile della crescita di un Paese. Per questo occorre agire in tutti modi per ripristinare la fiducia dell’opinione pubblica nella scuola, aggregare forze attorno all’importanza dell’istruzione. Questo significa costruire un ampio capitale sociale dentro e fuori la scuola. Occorre oggi più che mai gettare ponti: i legami sociali con i genitori sono importantissimi, ma non bastano. Bisogna operare per il coinvolgimento dell’intera comunità.

Non va taciuta poi l’esigenza di avere docenti e dirigenti scolastici che siano veri professionisti, portatori di un ruolo di specialisti ed esperti dell’apprendimento. In Italia, come è dimostrato dal persistere di triti dibattiti sulla formazione degli insegnanti, si sottovaluta l’esigenza di sviluppare una specifica precisa competenza in questo campo. Le speranze che questo avvenga attraverso scelte politiche nazionali sono da tempo infrante. Pare più realistico pensare che possano crearsi comunità professionali, capaci di fare crescere idee ed esperienze, appropriarsi delle ricerche diffonderle ed ampliarle attraverso quel mezzo potentissimo che è oggi la rete.

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Comments (2)

Angelica said

at 1:38 pm on Feb 18, 2012

io credo che Bottani abbia ragione, poichè la nostra generazio è diversa dalle precidenti noi siamo cresciuti con le tecnologie che sono diventate parte integrante della nostra vita quotidiana.
la scuola non ha compreso i nostri bisogni e si ostina a vivere nel passato, invece dovrebbe aggiornarsi e stare al passo con la società e quindi con gli alunni. lo stato purtroppo non ha ancora capito che siamo NOI i futuri cittadini e quindi dovrebbe investire nell'istruzione affinchè noi possiamo crescere, migliorarci e preparaci al mondo del lavoro.

Ilira said

at 1:40 pm on Feb 18, 2012

Noi pensiamo che siamo molto avantaggiati nel vivere in una realtà tecnologica, dove tutto si riesce a risolvere in modo veloce e corretto, e dove grazie a ciò si potrebbero trovare o conoscere realtà che noi prima non conoscievamo.Grazie alla tecnologia abbiamo imparato a correggere i nostri errori e a migliorarci. Però rischiamo di diventare troppo attaccati a questa e le generazioni future rischierebbero di non poterne più fare a meno. A causa della nostra esperienza scolastica oggi probabilmente non riusciremo a prendere appunti o studiare direttamente sul computer, ma dovremmo stampare il file e poi studiarlo. Se per caso un giorno ci dovessimo trovare a studiare o a leggere su un computer, non ci capiremmo niente e avremmo bisogno di tenere un libro sotto mano, anche perchè prendendo appunti con il computer impieghiamo più tempo e rischiamo di perderci gran parte della spiegazione e sicuramente perderemmo al concentrazione. Se poi per qaulche motivo poi il computer si rompe, tutto ciò che vi avevamo salvato dentro andrebbe perso, qaundo invece un libro è un quaderno non vanno perduti così facilmente. giorgia e ilira

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